Uno dei reperti più celebri del Museo Archeologico di Atene è sicuramente quello conosciuto come la Maschera di Agamennone, maschera funebre rivenuta nel 1876 a Micene dal controverso archeologo Heinrich Schliemann. Ma controverse sono anche le opinioni sulla sua autenticità da parte della comunità scientifica.
Oltre alla attribuzione al leggendario re Acheo che risulta ben presto errata (la maschera sarebbe risalente ad un periodo precedente) sulla testa di Schliemann pesa anche l'accusa di falso. Alcuni infatti credono fermamente che la maschera non sia altro che un ottimo falso commissionato dallo stesso archeologo.
Sospetti che basano la loro fondatezza, oltre che sulla reputazione non proprio trasparente dello Schliemann, anche sulla fattezza stessa della maschera che presenterebbe delle caratteristiche facilmente riconducibili al periodo della scoperta e non alla remota era in cui era vissuto Agamennone, come per esempio i baffetti arricciati verso l'alto, più caratterizzanti della borghesia maschile di fine '800 che della nobiltà Achea o del mito stesso di Agamennone.
Anche se più celebre di certo la Maschera non è sicuramente l'unico motivo grazie al quale la vista a questo museo risulta estremamente interessante; sono numerosi infatti i reperti presenti che illustrano la storia di questa straordinaria Civiltà che tanto ha influenzato nei secoli successivi l'Europa e il mondo intero ad iniziare dal popolo Romano profondamente affascinato dalle arti Greche e dal suo Pantheon che avrebbe presto fatto proprio.
Quella del Fantino di Artemision, (dal nome della località dove fu recuperata, a pezzi dal fondale marino) è sicuramente uno dei pezzi più straordinari del museo nonostante le evidenti "menomazioni". I pezzi recuperati a partire dal 1928 non sono stati in grado di restituire alla statua bronzea la sua originaria completezza (mancano redini e frustino) ma questa mancanza non penalizza in alcun modo la bellezza di questa scultura caratterizzata dall' espressione del giovane fantino
Altrimenti conosciuto come il più antico calcolatore al mondo.
Il ritrovamento di questo straordinario meccanismo da parte di alcuni pescatori di spugne sul fondo del mare vicino all'isola di Antikythera nel 1902 ha generato numerose discussioni all'interno della comunità scientifica; ci sono voluti decenni sono per arrivare a riconoscere una sorta di meccanismo dalla osservazione di quei pochi reperti corrosi dal tempo e dal mare.
Un meccanismo i cui compiti sono rimasti per molto tempo oscuri ed intorno ai quali sono nate diverse ipotesi fantascientifiche, sopratutto riguardanti una sua evidente incompatibilità temporale con le conoscenze tecniche e scientifiche del periodo a cui risaliva.
Il meccanismo risalente al II sec a.C.oggi risulta un pò meno misterioso, il suo utilizzo infatti era dedicato al calcolo dei cicli astronomici mediante un complesso sistema di parti meccaniche; una specie di antichissimo computer.
La sua eccezionalità resta comunque immutata; pur risultando compatibile con le conoscenze tecniche e scientifiche dell'epoca dovranno passare almeno altri mille anni prima che si possa costruire qualcosa di analogamente complesso.
L'alone di mistero che avvolge questo straordinario meccanismo non è stato quindi totalmente dissolto così come non è stato possibile dargli una identità costruttiva definitiva a causa della scarsità di reperti disponibili; diverse infatti sono le ricostruzioni plausibili, e ad oggi le ricerche effettuate nella speranza di ritrovare nuove componenti hanno dato esito negativo.
Probabilmente quello che abbiamo è tutto ciò che resta di questo misterioso meccanismo per il quale resta ancora oggi una domanda senza risposta: a cosa serviva?
Un altro straordinario ritrovamento nei fondali marini della Grecia è stato quello del cosiddetto Cronide di Capo Artemisio; dalla zona del ritrovamento avvenuta nel 1926, il recupero della statua però terminerà solo un paio di anni dopo.
Del contesto in cui è stata ritrovata l'opera bronzea si sa ben poco, a seguito della morte di un sub addetto al recupero le operazioni furono interrotte e mai più riprese, scarse e frammentarie sono le notizie relative al relitto nei pressi del quale il Cronide è stato recuperato ed al suo carico.
Questa statua, probabilmente risalente al 200 a.C. e imbarcata alla volta di Roma, rappresenta quindi uno delle poche opere bronzee di manifattura Greca che sono arrivate fino ai giorni nostri (le più celebri tra queste sono certamente i Bronzi di Riace).
Il nome Cronide deriva dalle due possibili interpretazioni della statua, essa potrebbe rappresentare Zeus nell'atto di scagliare il fulmine o Poseidone ed il suo tridente; entrambi comunque figli di Crono.
Quanto sopra descritto rappresenta solo una piccola parte di quello che si può osservare in questo imponente museo; un luogo dove si racconta grazie ad importanti reperti la storia antica, quella storia dell'Umanità che ha visto la nascita della Civiltà e delle Arti e del concetto moderno di cultura.
Uno dei periodi più importanti e significativi dalla comparsa dell'uomo sulla terra fino ad oggi; una visita imperdibile e che probabilmente conviene fare prima di vistare il resto della città e le famose attrattive in essa contenute, per comprendere, per apprezzare.