SINFONIA

E’ la strada, e’ il paesaggio, e’ il contesto non lo sò, ma ci sono dei momenti in cui tutto diventa ritmico, logico, appagante;Inizia come tante altre volte, parti per un piccolo giro,senza meta, senza percorso, magari stanco per la giornata, vai con tanti pensieri che ti annebbiano la mente, il motore borbotta sommesso, la strada si fa’ sempre più tortuosa, via via che la città si fa lontana, il paesaggio diventa cornice e la solitudine ti avvolge. Non corri, non ne hai voglia, la prima curva ti coglie quasi impreparato, stacchi, scali, pieghi, acceleri, pensi a quello che fai a quello che “devi” fare, poi…… succede qualcosa, la mente si rilassa, curva dopo curva i pensieri si affievoliscono, scompaiono, i gesti diventano sempre più automatici, istintivi, le curve diventano un binario, una dopo l’altra..


Non stacchi, non pieghi, non acceleri, sei “dentro” la curva, la fusione diventa sempre più evidente, completa, carne con metallo, anima con acciaio, ragione con potenza, ed e’ allora in questa precisa situazione che “senti” il ritmo, l’ondeggiare coordinato del centauro , uomo e mezzo in armonica simbiosi, crea la base , il sottofondo per una sinfonia che scaturisce sempre più possente dal profondo dell’anima fino a raggiungere l’apice, mentre brividi di piacere ti percorrono la schiena.

Allora ti fermi, prima che la strada finisca, prima che qualunque cosa rompa l’incantesimo brutalmente.

Solo, in silenzio, davanti ad un tramonto, ad un paesaggio,con il vento che ti accarezza il volto, mentre la sinfonia si affievolisce sempre di più, fino a scomparire; la simbiosi svanisce insieme all’ultimo raggio di sole dietro le colline, il mezzo torna freddo metallo,la mente si stacca dal possente cuore di acciaio. Rientri con le prime luci della sera, in questo tiepido inizio d’autunno, un lieve sorriso, nascosto, piega gli angoli della bocca, mentre gli occhi scintillano dietro la visiera.

E' in questo breve passaggio da me scritto alcuni anni fa che meglio si può riassumere quella che e' definibile come la Filosofia della Guida, ovvero quel modo di condurre il mezzo, di interagire con esso senza prevaricarlo ne essere prevaricati, della capacità di seguire le sensazioni, l'istinto per arrivare poi a provare delle intense emozioni.

Appare certamente scontato citare la frase "motociclisti si nasce non si diventa" eppure mai come in questo caso la definizione diventa veritiera, sopratutto in funzione di quei tanti insoddisfatti che nelle due ruote cercano quello che da altre parti non hanno trovato.

Guidare una moto e' probabilmente la quintessenza dell'egoismo, è una sequenza di gesti che deve assolutamente essere mirata al raggiungimento del proprio stato di grazia e non volta a dimostrare alcunché agli altri, perchè non si deve guidare per vincere il tempo ma bensì per ammaestrarlo e renderlo partecipe compagno di viaggio.

Ognuno di noi ha un personale livello di soddisfazione assoluta che deve ricercare affinando le proprie doti di pilota e seguendo senza timori, ma sopratutto con pazienza, le indicazioni fornite dalle proprie sensazioni nel tentativo di incrementare sempre di più il livello di gratificazione nella guida e raggiungere quello stato di fusione uomo/macchina in grado di scatenare in noi profonde emozioni.

Una strada tortuosa non e' un nemico da sconfiggere, e' un pentagramma che aspetta di essere riempito con delle note coerenti tra loro capaci di formare una ammaliante melodia, impariamo senza fretta a scriverla, non sporchiamo per impazienza o superficialità il foglio con inutili ed incomprensibili scarabocchi, ne risulterebbe solo una fastidiosa ed irritante cacofonia



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